Romano di origine sarde, il mitico Diez a dieci anni smontò il suo primo Commodore 64.
Voleva vedere cosa ci fosse dentro, ma restò deluso e si buttò su altro.
In primis si cimentò nell'atletica leggera con risultati assai incoraggianti, almeno fino alla capitolazione dinanzi al fascino irresistibile di una bionda, pacchetto morbido.
Poi fu basso e baritono, presso il coro dell'Aeronautica Militare, ma si vocifera che si sacrificasse solo per evitare i piantoni notturni.
Galeotta fu per lui la visita a un'emittente radiofonica romana, una a caso, quando, forte dei trascorsi come deejay hobbista itinerante, si propose alla direzione artistica. Lì un tizio gli chiese: "ao', ma te voi fa' er fonico o lo spichere?".
Non ebbe dubbi e conobbe finalmente quella che di lì a poco sarebbe stata la via: il suono e i suoi derivati tra sessioni in regia nelle emittenti radio e nelle agenzie di stampa, post-produzioni spericolate negli studi di registrazione e manipolazioni vocali da codice penale.
Il nostro ha sempre amato l'aria condizionata. Condizionata dall'afrore di poliuretano espanso e lana di roccia che rivestono gli studi di registrazione. Oggi è sempre alla ricerca del suono "che piace" e non solo: ama tutto ciò che è multimediale e "nuovo", e cerca di capirne di più.

Gli piacciono Dé André, Guccini e Battiato. Legge "L'orologiaio Cieco" di Dawkins contemporaneamente a "Libro" di Maccio Capatonda e alla biografia di Mario Brega. Spesso viene chiamato a fare comparsata in qualche film, giammai hardcore, suo malgrado.
Quando si parla di lavoro, usa termini come "anecoico", "diegetico" e "sistema dodecapolare servocontrollato al quarzo".
Ciononostante non è ancora vittima di mobbing.