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lunedì 19 novembre 2018

il mio lavoro

colori

Lasciavo allora inscustodite cose

e il lume acceso e mite sul banco

e quella seggiola che saliva complice

ai miei guerrieri, ai setosi, intorpiditi

e sporchi pennelli, riposti nella latta,

agli acquerelli come pozze nell’umida

e terrosa cromìa dei boschi a novembre.

 

Il mio lavoro diventava allora

nascondermi e osservarti salire

come un predatore alla tana calda

della china e del gesso.

Fare strage delle affilate punte

dei rigorosi pastelli,

sgualcire le carte di riso,

seminare il panico

nella logica sequenza

dei pennini e del tempo.

 

Il mio lavoro diventava allora

farmi legna per fuoco, farmi nulla,

perché il tutto ti fosse a portata.

 

Seguivo la traiettoria

del tuo segno sul foglio.


Mi indicava il posto esatto

dove un tesoro

un giorno

ci avrebbe atteso.